La relatività di ogni riferimento locale e di ogni identità è detta in poche parole, semplicemente, che un bambino lo capisce subito: qui non significa nulla se non in confronto ad un altrove. Noi non esistiamo se non confrontandoci con Altri. Ne consegue, evidentemente, che ogni forma di discriminazione sulla base dell'origine e della provenienza non è solo odiosa ma anche fondamentalmente dannosa: discriminando e isolandoci in pratica indeboliamo noi stessi.
Questo principio è scritto anche nella legislazione a cui facciamo riferimento: L'Art 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea dice: "È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale."
L'Art 3 della Costituzione Italiana lo ribadisce:
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2, 37 c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di religione [cfr. artt. 8, 19], di opinioni politiche [cfr. art. 22], di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."
Se la Repubblica è dunque l'articolato insieme degli enti nazionali e locali che regola la vita del Paese, anche gli enti territoriali devono concorrere per parte loro a realizzare questo principio. Ma come lo fanno?
La Regione Piemonte ad esempio ha aggiunto un ulteriore elemento normativo: la Legge Regionale n° 5 del 23/3/2016 che merita di essere conosciuta. In particolare, l'Art 1 dice:
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."
Se la Repubblica è dunque l'articolato insieme degli enti nazionali e locali che regola la vita del Paese, anche gli enti territoriali devono concorrere per parte loro a realizzare questo principio. Ma come lo fanno?
La Regione Piemonte ad esempio ha aggiunto un ulteriore elemento normativo: la Legge Regionale n° 5 del 23/3/2016 che merita di essere conosciuta. In particolare, l'Art 1 dice:
1. La Regione, nell'ambito delle proprie competenze, opera per dare
attuazione al divieto di discriminazione sancito dall'articolo 21 della
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dall'
articolo 3, primo comma, della Costituzione
, per dare attuazione al dovere di assicurare e promuovere l'uguaglianza sostanziale contenuto nell'
articolo 3, secondo comma, della Costituzione
, nonché per attuare i principi sanciti dallo Statuto regionale .
2. La Regione attua i principi e le finalità
della presente legge in raccordo con le istituzioni di parità e
antidiscriminatorie locali, regionali, nazionali ed internazionali,
promuovendo la collaborazione con gli enti locali e il dialogo con le
parti sociali e con l'associazionismo.
Quindi gli enti locali di livello inferiore (Città Metropolitana e Comuni), le sedi locali degli enti nazionali, le associazioni e le parti sociali sono chiamate - per legge - a collaborare nell'attuazione di questo principio.
Ma questo accade davvero nel nostro territorio? Quali azioni vengono realizzate? Quali sono le dimensioni della presenza di cittadini stranieri?
La risposta è molto diversa a seconda dei luoghi. Si va dal comune di Chieri che si fa capofila di un "Sistema di accoglienza del Chierese" o a quello di Santena che ha dato ad un consigliere comunale un'apposita "Delega all'Accoglienza e volontariato sociale", fino ai comuni di Villastellone e Trofarello i cui sindaci si fanno notare, in merito all'accoglienza, solo quando prendono voce per ribadire la loro indisponibilità ad accogliere rifugiati e richiedenti asilo nei propri comuni.
Per contro, il lavoro dell'associazionismo e delle realtà religiose è intenso, diffuso e capllare su tutto il territorio.
Cercheremo allora di saperne di più, nelle prossime settimane, facendo domande a persone che si occupano della questione sul territorio, sia per ragioni istituzionali che di volontariato.
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