domenica 30 settembre 2018

Brunello. Pensare per segni, conoscere la realtà

"Però", dissi,  "quando voi avete letto le tracce sulla neve e sui rami non conoscevate ancora Brunello. In un certo modo quelle tracce ci parlano di tutti i cavalli o almeno di tutti i cavalli di quella specie. Non dobbiamo dunque dire che il libro della natura ci parla solo per essenze, come insegnano molti insigni teologi?:
"Non del tutto, caro Adso." mi rispose il maestro. "Certo, quel tipo di impronte mi esprimeva, se vuoi, il cavallo come verbum mentis e me l'avrebbe espresso ovunque l'avessi trovato. Ma l'impronta in quel luogo e in quell'ora del giorno mi diceva che almeno uno tra tutti i cavalli possibili era passato di lì. Così che io mi trovavo a mezza strada tra l'apprendimento del concetto di cavallo e la conoscenza di un cavallo individuale. E in ogni caso quel che io conoscevo del cavallo universale mi era dato dalla traccia, che era singolare.
Posso dire che in quel momento io ero prigioniero tra la singolarità della traccia e la mia ignoranza, che assumeva la forma assai diafana di un'idea universale. Se tu vedi qualcosa da lontano, e non capisci cosa sia, ti accontenterai di definirlo come un corpo esteso. Quando ti si sarà avvicinato lo definirai allora come un animale, anche se non saprai ancora se sia un cavallo o un asino. E infine quando esso sarà più vicino potrai dire che è un cavallo, anche se non saprai ancora se Brunello o Favello. E solo quando sarai alla giusta distanza tu vedrai che è Brunello (ovvero quel cavallo e non un altro, comunque tu decida di chiamarlo). E quella sarà la conoscenza piena, l'intuizione del singolare.
Così io, un'ora fa, ero pronto ad attendermi tutti i cavalli, ma non per la vastità del mio intelletto, bensì per la pochezza della mia intuizione. E la fame del mio intelletto è stata saziata solo quando ho visto il cavallo singolo, che i monaci portavano per il morso. Solo allora ho veramente saputo che il mio ragionare di prima mi aveva condotto vicino alla verità. Così le idee che io usavo prima per figurarmi un cavallo che non avevo ancora visto, erano puri segni, come erano segni dell'idea di cavallo le impronte sulla neve: e si usano segni e segni di segni solo quando ci fanno difetto le cose."
[Umberto Eco, Il Nome della rosa, pag. 35]

Questo brano meraviglioso al principio del "Nome della rosa", quando Adso interroga il suo maestro su come egli abbia ragionato per intuire il passaggio del cavallo dell'Abate e le sue stesse caratteristiche, senza averlo visto prima, solo osservando poche tracce del suo passaggio, descrivono meglio di ogni altra cosa quello che è lo sviluppo ordinato di un pensiero che vuole arrivare a capire la realtà, rispettando il  particolare, i segni, i documenti e collegandoli fra loro e con altre conoscenze, in modo da ottenere di ciò che non si conosce per certo un'immagine. Persuasiva, coerente e rispettosa del vero. Quanto più possibile.

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