venerdì 28 settembre 2018

Un Ponte per Gaza, Trofarello

Volantino della Rassegna di cortometraggi
Per fortuna, mentre ci sono ponti che crollano altri inaspettatamente vengono costruiti, su un piano simbolico e di relazione, più fragile certamente ma non meno importante del piano fisico su cui viaggiano gli autocarri, le persone, le merci.

A Trofarello qualche mese fa si è creato un gruppo che ha deciso di chiamarsi: Comitato un Ponte per Gaza, Trofarello.  Colpiti da quanto accade quotidianamente nella Striscia di Gaza, da quanto è successo per settimane davanti al muro che separa i Palestinesi dagli Israeliani, dai manifestanti uccisi a decine durante le manifestazioni di protesta (le "Marce del Ritorno"), dalla condanna di Israele da parte dell'Onu, rimasta da questi inascoltata, dal'indifferenza generale a quanto accade, si sono chiesti cosa potessero fare in proposito, nel loro ambito e hanno fatto la scelta più intelligente: far conoscere, far vedere; rompere il silenzio, forzare l'indifferenza.

E'nata così la scelta di organizzare la Rassegna di Cortometraggi di Vita Quotidiana in Terra di Palestina che si terrà a Trofarello, presso il Centro Marzanati, il prossimo venerdì ,5 ottobre 2018, alle ore 21.

Il gruppo ha anche preso altre iniziative, avviato contatti, intecciato relazioni, di cui spero racconteranno loro stessi su questo blog. A me fra tutte ha colpito l'idea di prendere contatto direttamete con un ragazzo che abita nella striscia di Gaza, per cercare magari di aiutare inviando risorse o quabt'altro.

Una risorsa, sicuramente, per noi, è leggere la traduzione della lettera in cui il ragazzo descrive se stesso e il luogo in cui vive. La riporto qui di seguito, nella traduzione dall'inglese che ne ha fatto Paola Paniè, che ringrazio per avermela fatta leggere.

"Il mio nome è Khaled,  da Deir Al Balah [il nome è modificato per la sicurezza sua e della sua famiglia]. Questo è il nome della mia città, nel centro della Striscia di Gaza, in un' area di 58 kmq e una popolazione di circa 252.000 abitanti, a 90 km da Gerusalemme. La nostra città è famosa per le palme e si affaccia sul mare. Abbiamo un campo profughi vicino alla spiaggia chiamato Deir El Balah Camp (dove vi sono gli uffici dell'UNRWA ndt).
Vivo in un'area chiamata Hakr Al-Jamea, a sud est di Deir Al-Balah, vicino a Wadi Al-Salqa. Ha una popolazione di circa 45.000 abitanti ed ha un'alta densità abitativa. Le case sono poco sicure e molto vecchie. E' un'area molto povera abitata da operai, contadini, molti disoccupati e laureati con diverse specializzazioni che non hanno l'opportunità di vivere in dignità o di trovare un lavoro dopo la laurea. Più della metà della popolazione della regione è costituita da bambini. Se si entra in quest'area si trovano bambini che giocano a pallone nei vicoli, tra le case, in non più di due metri. Persone sedute fuori dalle case, per mancanza di spazio all'interno delle abitazioni o per il numero elevato dei componenti delle famiglie, dove la famiglia meno numerosa è composta da 8 persone e dove la maggior parte delle case è occupata da più di una famiglia. Molte persone vivono in case con muri e tetto fatti di lamiera o di fango, surriscaldate nel periodo estivo e gelide nel periodo invernale e ciò rende i bambini e gli anziani vulnerabili alle malattie e alla morte. Solo alcuni hanno l'abilità di costruire piccole case, ventilate, utilizzando materiali da costruzione migliori come le case di pietra. La maggior parte della popolazione dipende dall'economia domestica, nonostante la limitata dimensione delle loro case, non c'è famiglia che non allevi animali e pollame, e asini o cavalli, come fonte di sostentamento per andare a lavorare nei campi vicini.
Il fenomeno delle fornaci di argilla palestinesi è associato alla maggior parte delle case nelle quali troviamo spesso mucchi di legna da ardere di diverse forme così che le donne palestinesi possano preparare il loro cibo ... eccetto il caffè tradizionale che come è noto viene preparato dagli uomini.

La maggior parte della popolazione delle tribù e delle famiglie palestinesi sono emigrate da Beer Sheva dopo essere state cacciate dalle loro case e dalle loro terre durante la Nakba palestinese nel 1948.
Ci sono 4 scuole, inclusa la scuola UNRWA (l'agenzia dell'ONU fondata nel 1950 che sostiene 5,4 milioni di palestinesi sparsi nei Territori di Gaza, in Libano, in Siria e Giordania, attraverso scuole, ospedali e aiuti alimentari. ndt) che opera su due turni, al mattino e alla sera, e due scuole ai confini della regione. Sono scuole miste per le elementari e preparatorie per l'UNRWA, inoltre c'è una scuola superiore per ragazze ma non esiste una scuola superiore per ragazzi, che quindi devono spostarsi con i mezzi pubblici per raggiungerla. C'è anche una piccola clinica governativa nella zona del Ministero della Salute oppure si può usufruire dei servizi gratuiti forniti dalla clinica dell'UNRWA raggiungibile a piedi, in bicicletta, in auto, in kart, a circa 3 km dall'area. Se necessario ci si può recare nell'unico ospedale della città, l'Ospedale dei Martiri di Al-Aqsa, anch'esso a circa 3 km di distanza.
Abbiamo avuto case distrutte o danneggiate dai bombardamenti durante gli assedi nella Striscia di Gaza (2008-2011-2014 ndr) e durante la Grande Marcia del Ritorno e durante bombardamenti messi in atto dall'esercito israeliano. Sentiamo il dolore dell'assedio. Lottiamo, senza riuscire a riprenderci dalla distruzione, conseguenza del continuo assedio, dei continui bombardamenti da parte Israele sulla Striscia di Gaza. Quando le bombe cadono, non sappiamo se colpiranno noi o un nostro vicino di casa. E la sera quando andiamo a dormire, non siamo sicuri se ci sveglieremo vivi o morti o feriti. I rumore dei droni o degli f16 sopra le nostre teste è causa di costante preoccupazione e paura. Molti i bambini soffrono di depressione. Alcuni non parlano. Il nostro quartiere ha subito molte perdite, ogni famiglia ha subito delle perdite, ogni famiglia ha un martire. Anche quando camminiamo insieme nella Marcia del Ritorno, rivendicando i nostri diritti, possiamo essere uccisi. Potresti essere un bambino che dorme come Bayan Abu Khamash, ucciso accanto alla sua mamma incinta o martire che marcia pacificamente come Karim Fatayer.
Non possiamo andarcene. Quando bombardano non c'è riparo, non c'è un luogo sicuro dove scappare, dove nascondersi. In questi momenti abbiamo scelto di stare ognuno nella propria stanza, in modo che qualcuno possa sopravvivere... ci confortiamo se sopravviviamo e ci struggiamo se qualcuno muore, insieme.
Tutte queste sono informazioni, sono pensieri ma non è tutto, avrei altro da raccontare ma la mia mente ha smesso di pensare e non posso più scrivere ..."


Augoro alla rassegna il miglior successo possibile e auspico che i protagonisti  dell'iniziativa intervengano direttamente qui su Piazzale Europa per raccontarci di di più e di meglio il loro lavoro.

4 commenti:

  1. Come ogni venerdì, dallo scorso 30 marzo, anche ieri migliaia di persone nella Striscia di Gaza hanno partecipato alla manifestazione pacifica della Grande Marcia del Ritorno che chiede la fine del blocco israeliano (in vigore da 11 anni) e il ritorno dei rifugiati palestinesi nelle loro case in quel territorio diventato dopo il 1948 Israele. Nella giornata di ieri, chiamata “Il venerdì dell’Intifada al-Aqsa”, l'esercito israeliano ha ucciso deliberatamente altri 7 palestinesi :

    - Nasir Azmi Musbah, 11 anni
    - Mohammed Naif al-Houm 14 anni
    - Iyad Khalil al-Shaaer 18 anni
    - Mohammed Waleed Haniyeh di 23 anni
    - Mohammed Bassam Shakhsah, 24enne
    - Mohammed Ali Inchassy 18enne
    - Muhammad Walid Haniyeh, 32 anni,

    Secondo l’associazione per i diritti umani “Al Mezan”, con sede a Gaza, durante le proteste di venerdì più di 250 palestinesi sono rimasti feriti di cui 20 minori.

    Dal 30 marzo quasi 200 civili palestinesi civili sono stati uccisi durante la Grande Marcia del Ritorno e si contano oltre 10.000 feriti .... un solo soldato israeliano ferito.

    Tutto questo nell'assordante silenzio della comunità internazionale che consente ad Israele di agire indisturbato senza pagare le conseguenze delle sue malefatte: territori occupati illegalmente, attacchi mirati alla popolazione (Gaza), espropri di terre, interi villaggi rasi al suolo, arresti indiscriminati di adulti e bambini con l'accusa di resistere all'occupazione sionista del loro paese...
    Nessun altro paese al mondo ha mai osato tanto!

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    1. Grazie del commento! Chi sei anonimo commentatore?

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    2. Uno dei cortometraggi che verrà proiettato al Marzanati riguarda la "scuola di gomme" del villaggio di Khan al Ahmar.

      Nel 2009 l'associazione umanitaria Vento di Terra raccoglie l'invito della Comunità beduina Jahalin (stanziata nell'area C) per costruire una scuola di emergenza per i bambini del villaggio.
      I beduini che vivono nell'area C sono le comunità più vulnerabili dei Territori Occupati Palestinesi e sono costantemente minacciati dai coloni israeliani e dalla vicinanza con le aree militari.
      L'idea proposta sembrò "disarmante": costruire una scuola usando 2200 copertoni usati, appoggiati uno sull'altro e sfalsati di fila in fila come fossero mattoni. Ogni gomma viene riempita di terra e ben pressata, piena può pesare 100/150 kg. Il peso di ogni singola gomma garantisce stabilità  e il non movimento delle file inferiori. Le concavità vengono riempite e intonacate con terreno argilloso. I pneumatici di solito finiscono nelle discariche quindi facili da reperire!
      I vincoli iniziali erano complessi: il clima desertico e il divieto di uso del cemento per la costruzione di strutture non temporanee nelle aree C per ordine dei coloni.
      La scuola nasce dal nulla in 15 giorni con il lavoro della comunità beduina e pochi attrezzi, poi vengono aggiunti altri locali: i bagni e la biblioteca.
      La scuola finita ospita 100 bambini beduini, escusi dal diritto allo studio (oggi sono circa 170 bambini provenienti da 5 villaggi).
      La scuola di gomme è diventata un simbolo, ha restituito autostima, istruzione e dignità a un'intera comunità.
      Il progetto fu finanziato dal Consolato Italiano, dalla CEI, dai Comuni del sud di Milano e dalla Rete di Sostegno a Vento di Terra.

      Subito dopo l'inaugurazione nel 2009, un comitato di coloni israeliani aveva presentato una petizione per chiedere la demolizione della scuola.
      Vento di Terra lanciò una campagna di raccolta firme per scongiurare la demolizione, simbolo del diritto all' istruzione : "Chi demolisce una scuola, demolisce il futuro".
      Dopo 9 anni di iter processuale il 5/9/2018 la Corte Suprema Israeliana ha emesso il proprio verdetto:”La scuola di gomme dovrebbe essere demolita insieme al villaggio di Khan al Ahmar entro la prossima settimana”.
      Vento di Terra esprime il proprio sostegno alle comunità beduine, ribadendo i loro inalienabili diritti, in particolare all'istruzione e ai servizi di base.
      Sottolinendo che, la costruzione della scuola è coerente con la legislazione internazionale, mentre non lo sono gli insediamenti illegali di 40.000 coloni nell'area (insediamenti forniti di ogni servizio), ai palestinesi residenti nell'area dal 67 non è riconosciuto dall'Autorità militare permesso alcuno per la costruzione di edifici pubblici.
      Si lancia quindi un appello rivolto al Governo italiano, alla Comunità europea, alle Nazioni Unite, alla Comunità internazionale, affinchè vengano posti in atto tutti gli strumenti diplomatici per scongiurare un'azione da parte dello Stato israeliano che avverrebbe in violazione delle leggi internazionali e della Quarta Convenzione di Ginevra.

      Nei giorni scorsi l'Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini aveva avvertito Israele di "gravi conseguenze" se l'esercito israeliano avesse demolito il villaggio beduino di Khan Al Ahmar. In data 11 Settembre 2018 è stata presentata una mozione/mozione dal Parlamento europeo contro la demolizione del villaggio e della scuola di gomme.

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  2. Grazie a tutti coloro che hanno permesso la buona riuscita della serata di ieri ed in particolare grazie a Sami Hallac, referente del Comitato di Solidarietà con il Popolo Palestinese, che è intervenuto commentando i cortometraggi e raccontando con passionalità ciò che accade quotidianamente a Gerusalemme, a Carlo Tagliagozzo, referente del Bds Torino che ci ha illustrato tutti gli eventi in programmazione a Torino nel mese di ottobre e che provvederemo a divulgare nei prossimi giorni, a Gianluca Mantoani che con entusiasmo ha raccolto l'invito di condurre la serata, al pubblico che è intervenuto raccontando le proprie esperienze in Terra di Palestina, a coloro che hanno contribuito alla raccolta fondi per Salem e per i bambini di Hakr Al Jamea .... e naturalmente grazie a Gianni, Luca, Stellina, Fiorenza, Rita e Nadia, Un Ponte per Gaza!

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