giovedì 21 marzo 2019

La strage di Christchurch


Se la terribile strage di cinquanta mussulmani in preghiera a Christchurch in Nuova Zelanda per mano di un fanatico suprematista bianco ci ha tolto il fiato e la parola, la risposta che la prima ministra neozelandese Jacinda Ardern ha dato in Parlamento ci ha restituito la speranza che la pace sia possibile, come ha detto, nel nome “della diversità, della gentilezza, della compassione.
Queste parole hanno segnato un confine nuovo, chiaro e attivo tra il razzismo, anche nella sua forma attuale del suprematismo bianco, il sovranismo in tutte le sue declinazioni, e le società e le persone che scelgono di vivere nel segno dell'accoglienza e della solidarietà: “Siamo e rimarremo un rifugio per chi condivide i nostri valori”.
Perchè quella strage non è stata solo morte, violenza e dolore, ma è stata anche un messaggio politico lanciato con tutti i mezzi, a partire dai social: “Con il suo atto terroristico cercava molte cose, e tra queste la notorietà”. La notorietà propria e di quella ideologia, il suprematismo bianco, che oggi lavora intensamente per avvelenare le menti e armare le persone di odio e di violenza.
Il tema che è stato rilanciato a Christchurch è “la grande sostituzione”, teoria secondo cui nell'occidente sarebbe in atto, in ogni parte del mondo, una sostituzione degli europei, razza superiore e detentrice di una cultura superiore, con gli immigrati. Gli immigrati, l'ossessione dei sovranisti di casa nostra e, come si vede, non solo di quelli di casa nostra.
Ci sono molti elementi che si accavallano nel messaggio lanciato con la strage di Christchurch. Il razzismo, prima di tutto, anche così estremo, in Occidente non è fenomeno minoritario, marginale, ma è profondamente radicato nella storia, che sia stato di matrice religiosa, contro gli ebrei dal medioevo in poi, di matrice economica, nell'epoca del colonialismo e della tratta degli schiavi africani, di matrice arianista con il nazismo. La bestia terribile continua a vivere dentro la trasformazione sociale di questo tempo ed esce, sempre più aggressiva, a mano a mano che tante persone vengono spinte ai margini, perdono riferimenti sociali, valoriali, cercano un nemico contro cui sfogare l'impotenza derivante dalla propria sconfitta.
La globalizzazione fa emergere la figura dell'immigrato come figura unificata del razzismo contemporaneo. L'immigrato è l'altro nella sua completezza, per territorio, per lingua, per cultura, per religione, per colore della pelle. Viene per sostituirmi, è l'invasore. Spuntano allora le sentinelle dell'Occidente che presidiano la loro fortezza scrutando il loro personale “deserto dei tartari” da dove arriveranno i nemici. Spuntano i teorici di una sottocultura fatta di paura, di risentimento, ma anche di violenza, di radicalità nelle parole e nelle azioni, che viaggia in rete, che si mescola a messaggi politici di isolamento e aggressività, sfacciata nell'imporsi con ogni mezzo.
Infine la terribile solitudine che oggi attanaglia le persone, che cancella la cittadinanza, l'esistenza ed il bisogno di una comunità, che spinge alla ribellione solitaria che cerca nell'eco di altrettante ribellioni il senso di un nuovo stare insieme, nel branco. È un branco sparso, il suo linguaggio unificante è quello dei videogiochi “spara e uccidi”. Un branco che si riconosce in gesti individuali, pubblici e pubblicizzati dalla velocità delle notizie, efferati per essere facilmente amplificati, e tra quelli è annoverata non a caso la strage di Macerata.
Questo è ciò che ci dice la mattanza di Christchurch, non fatto isolato, ma anello di una catena che cerca di imprigionarci. Le parole di Jacinda Ardern ci hanno dato conforto, ma tocca a ciascuno di noi non lasciarle cadere. Perchè ci aspetta una lunga marcia nel buio.

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