mercoledì 8 giugno 2022

I QUADRI DI UNA (NON) ESPOSIZIONE A TROFARELLO

J. Mirò, Aria, 1937

Il numero di questa settimana de "La Città di Trofarello" dedica molto spazio alla vicenda del risarcimento milionario a cui il Comune è stato condannato per il danneggiamento dei quadri di valore (circa 16 mln di euro) conservati (malamente) presso i sotterranei della logistica Geodis e finiti a bagno durante il disastroso temporale del luglio 2014.

Il tema è stato al centro del Consiglio Comunale della scorsa settimana. L'amministrazione ha lavorato per una via d'uscita dal problema che evitasse il dissesto economico del Comune, in attesa della sentenza d'appello. Ma la via d'uscita non è indolore e impegna il Comune stesso per 17 anni ad una rateizzazione pesante di circa 240.000 euro all'anno.  Il Sindaco rivendica giustamente il grosso sforzo fatto per evitare il commissariamento e anche il pre-dissesto del Comune. 

<- Jean Fautrier, Testa di ostaggio, 1944

 Le opposizioni gli ricordano altrettanto giustamente che non si può sorvolare sulla responsabilità di non avere provveduto ad accantonare le cifre necessarie a coprire il pericolo di soccombenza nella causa, un pericolo che era noto all'amministrazione precedente sin dal 2017. E dato che molti membri dell'attuale squadra avevano ruoli di rilievo anche nella precedente, le responsabilità della passata amministrazione si riverbera inevitabilmente su quella attuale. Tegola sì, insomma, come dice il sindaco, ma è una tegola che volteggiava in aria da  almento 5 anni: si poteva almeno vederla arrivare.

Siamo impressionati, dobbiamo dirlo; impressionati come Musorgskij nel 1874 davanti ai quadri dell'amico Hartmann appena morto ma, a differenza sua, noi siamo colpiti dall'assenza delle tele e non dalla loro vista

                          Alberto Burri, Combustione, 1957 ->

Siamo colpiti dal potere che queste opere avranno nel condizionare la vita dei cittadini trofarellesi  nei prossimi anni (alzando le tasse locali, le tariffe, impedendo servizi e iniziative) pur non esistendo nel loro immaginario e non essendo state non solo mai viste, ma neanche lontanamente immaginate o conosciute da maggiorparte degli abitanti di Trofarello.

Si tratta, secondo le fonti giornalistiche, di  35 tele di importanti maestri dell'arte informale e astratta del '900 europeo.  Nomi grossi come Joan Mirò, Jean FautrierAlberto Burri, Mario Sironi e Antoni Tapies, che  avrebbero dovuto trovarsi appese in gallerie e fondazioni, e invece no. Erano a prendere umido in uno scantinato di cemento. 

<- Mario Sironi, Paesaggio urbano con camion, 1920 

Se è vero che la bellezza può salvare il mondo, la sfortuna di Trofarello è forse proprio quella di avere avuto sul proprio territorio un tale patrimonio culturale, ma arrotolato e stipato, imballate come se si trattasse di merci qualunque. Stipate e arrotolate a tal punto che non sono risalite alla luce neanche nei nostri pensieri, neanche in questi mesi in cui la loro presenza è stata ben al centro del discorso pubblco trofarellese.

Antoni Tapies, Sovrapposizioni di materia grigia, 1961 ->

"I quadrI", così li abbiamo chiamati, come avremmo detto "i chiodi" oppure "i sacchi", senza incuriosirci oltre, dando per scontato e accettando il fatto che opere d'arte di maestri del '900 per un valore di 16 milioni di euro potessero legittimamente giacere in uno scantinato, esposte al possibile degrado, invece che trovarsi appese ai muri di qualche museo per stupire ed essere ammirate, generare cultura. 

Abbiamo accettato l'idea che, quando diventano merci, tutte le cose sono equivalenti e dunque che la legge dell'investimento e della speculazione può governare la vita sociale di un garage esattamente come quella di un'opera d'arte e, di conseguenza, può andare a danno di un'intera comunità per ragioni di diritto privato e di risarcimento. E questa idea ci è sembrata "naturale", indiscutibile. E' il mercato, baby.

<-- Joan Mirò, Il carnevale di arlecchino, 1925 

Questa forse è la nostra colpa, di spettatori  succubi e frettolosi in tutta la vicenda. Dobbiamo invece imparare a mettere in discussione le cose, soprattutto quelle che ci sembrano naturali e indiscutibili; soprattutto quando queste cose ci danneggiano, ci alzano la tariffa della mensa o ci tolgono libri per la biblioteca. 

Per questo abbiamo deciso di cominciare, nel nostro piccolo, restituendo idealmente un poco di visibilità  a quei quadri, perchè i quadri senza visibilità sono solo merci, commodities. E abbiamo scelto di farlo simbolicamente usando come illustrazioni di questo post alcune immagini di opere dei maestri coinvolti in questa brutta storia di periferia e logistiche umide.

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